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sociologia

il disincantamento del mondo

Rendiamoci conto, in primo luogo, di ciò che propriamente significa, dal punto di vista pratico, questa razionalizzazione intellettualistica a opera della scienza e della tecnica orientata scientificamente. Vuole forse significare che oggi noi altri, per esempio ogni persona presente in questa sala, abbiamo una conoscenza delle condizioni di vita nelle quali esistiamo maggiore di quella di un Indiano o di un Ottentotto? Ben difficilmente. Chiunque di noi viaggi in tram non ha la minima idea – a meno che non sia un fisico di professione – di come esso fa a mettersi in movimento; e neppure ha bisogno di saperlo. […] La crescente intellettualizzazione e razionalizzazione non significa dunque una crescente conoscenza generale delle condizioni di vita alle quali si sottostà. Essa significa qualcosa di diverso: la coscienza o la fede che, se soltanto si volesse, si potrebbe in ogni momento venirne a conoscenza, cioè che non sono in gioco, in linea di principio, delle forze misteriose e imprevedibili, ma che si può invece – in linea di principio – dominare tutte le cose mediante un calcolo razionale. Ma ciò significa il disincantamento del mondo [Entzauberung der Welt]. Non occorre piú ricorrere a mezzi magici per dominare gli spiriti o per ingraziarseli, come fa il selvaggio per il quale esistono potenze del genere. A ciò sopperiscono i mezzi tecnici e il calcolo razionale. Soprattutto questo è il significato dell’intellettualizzazione in quanto tale.

Max Weber, Wissenschaft als Beruf, 1919

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filosofia politica

etica dei principî, etica della responsabilità

Dobbiamo renderci chiaramente conto che ogni agire orientato in senso etico può essere ricondotto a due massime fondamentalmente diverse l’una dall’altra e inconciliabilmente opposte: può cioè orientarsi nel senso di un’«etica dei principî» [Gesinnungsethik] oppure di un’«etica della responsabilità» [Verantwortungsethik]. Ciò non significa che l’etica dei principî coincida con la mancanza di responsabilità e l’etica della responsabilità con una mancanza di principî. Non si tratta ovviamente di questo. Vi è altresí un contrasto radicale tra l’agire secondo la massima dell’etica dei principî, la quale, formulata in termini religiosi, recita: «Il cristiano agisce da giusto e rimette l’esito del suo agire nelle mani di Dio», oppure secondo la massima dell’etica della responsabilità, secondo la quale si deve rispondere delle conseguenze (prevedibili) del proprio agire. […] Colui che agisce secondo l’etica dei principî si sente «responsabile» soltanto del fatto che la fiamma del puro principio – per esempio la fiamma della protesta conto l’ingiustizia dell’ordinamento sociale – non si spenga. Ravvivarla continuamente è lo scopo delle sue azioni completamente irrazionali dal punto di vista del possibile risultato, le quali possono e devono avere soltanto un valore esemplare

Max Weber, Politik als Beruf, 1919

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politica sociologia

stato e politica

Si può definire sociologicamente lo stato moderno […] in base a uno specifico mezzo che appartiene a esso cosí come a ogni altro gruppo politico: l’uso della forza fisica. «Ogni stato è fondato sulla forza», disse a suo tempo Trockij a Brest-Litowsk. E in effetti è proprio cosí. Se vi fossero soltanto formazioni sociali in cui l’uso della forza come mezzo fosse ignoto, allora il concetto di «stato» sarebbe scomparso e a esso sarebbe subentrato ciò che, in questo senso specifico della parola, si potrebbe definire come «anarchia». Naturalmente l’uso della forza non costituisce il mezzo normale e nemmeno l’unico di cui disponga lo stato – su questo non vi sono dubbi. Esso rappresenta piuttosto il suo mezzo specifico.

[…]

Lo Stato è quella comunità di uomini che, all’interno di un determinato territorio – un elemento, questo del territorio, che è tra le sue componenti caratteristiche –, pretende per sé (con successo) il monopolio dell’uso legittimo della forza fisica. Questo, infatti, è il dato specifico dell’epoca presente: che a tutti gli altri gruppi sociali o alle singole persone si attribuisce il diritto all’uso della forza fisica soltanto nella misura in cui sia lo stato stesso a concederlo per parte sua: esso rappresenta la fonte esclusiva del «diritto» all’uso della forza

«Politica» per noi significherà aspirazione a partecipare al potere o a esercitare una qualche influenza sulla distribuzione del potere, sia tra gli stati sia, all’interno di uno stato, tra i gruppi di uomini che esso comprende entro i suoi confini.

Lo spirito di parte, la lotta, la passione – ira et studium – sono l’elemento dell’uomo politico.

Max Weber, Politik als Beruf, 1919

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nugae

determinismo e spirito d’iniziativa

La forma classica di questi passaggi dalla concezione del mondo alla norma pratica di condotta, mi pare quella per cui dalla predestinazione calvinistica sorge uno dei maggiori impulsi all’iniziativa pratica che si sia avuto nella storia mondiale. Così ogni altra forma di determinismo a un certo punto si è sviluppata in spirito di iniziativa e in tensione estrema di volontà collettiva.

A. Gramsci, Quaderni del carcere, Quaderno 10 II, §28.

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filosofia politica

l’ethos del capitale

[…] Colpisce come la peculiarità di questa «filosofia dell’avarizia» [espressa in un brano di Walter Benjamin] sia l’ideale dell’uomo onesto degno di credito, e, soprattutto, l’idea che il singolo sia moralmente tenuto ad aumentare il proprio capitale (col presupposto che l’interesse a tal aumento sia fine a se stesso). In effetti, che non vi sia predicata semplicemente una tecnica di vita, ma una peculiare «etica» – la cui violazione non è trattata solo come follia, ma come una specie di negligenza del dovere –, questo è soprattutto il punto essenziale. Non è solo l’«abilità negli affari» a esservi insegnata (come accade abbastanza spesso anche altrove); ciò che si esprime è un ethos, che ci interessa appunto in quanto tale.

[…]

Ma, soprattutto, il «summum bonum» di questa «etica» – guadagnare denaro, sempre più denaro, alla condizione di evitare rigorosamente ogni piacere spontaneo – è così spoglio di ogni considerazione eudemonistica o addirittura edonistica, è pensato come fine a se stesso con tanta purezza, da apparire come alcunché di totalmente trascendente, in ogni caso, e senz’altro irrazionale, di fronte alla «felicità» o all’«utilità» del singolo individuo. L’attività lucrativa non è più in funzione dell’uomo quale semplice mezzo per soddisfare i bisogni materiali della sua vita, ma, al contrario, è lo scopo della vita dell’uomo, ed egli è in sua funzione.

M. Weber, L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, 1905