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filosofia poetica

antinomie di leopardi

Leopardi produce l’effetto contrario a quello che si propone. Non crede al progresso, e te lo fa desiderare; non crede alla libertà, e te la fa amare. Chiama illusioni l’amore, la gloria, la virtù, e te ne accende in petto un desiderio inesausto. E non puoi lasciarlo, che non ti senta migliore; e non puoi accostartegli, che non cerchi innanzi di raccoglierti e purificarti, perché non abbi ad arrossire al suo cospetto. È scettico, e ti fa credente; e mentre non crede possibile un avvenire men tristo per la patria comune, ti desta in seno un vivo amore per quella e t’infiamma a nobili fatti. Ha così basso concetto dell’umanità, e la sua anima alta, gentile e pura l’onora e la nobilita.

[…]

Aggiungi che la profonda tristezza con la quale Leopardi spiega la vita, non ti ci fa acquietare, e desíderi e cerchi il conforto di un’altra spiegazione. Sicché se caso, o fortuna, o destino volesse che Schopenhauer facesse capolino in Italia, troverebbe Leopardi che gli si attaccherebbe a’ piedi come una palla di piombo, e gl’impedirebbe di andare innanzi.

F. De Sanctis, Schopenhauer e Leopardi, 1858

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nugae

il gergo dei filosofi universitari

Sentir cantare il rauco o veder danzare lo zoppo è penoso, ma udir filosofare il cervello limitato è insopportabile. Per nascondere la mancanza di veri pensieri, molti mettono assieme un imponente apparato di parole lunghe e composte, di intricati fioretti retorici, di periodi sterminati, di espressioni nuove e inaudite, il che costituisce nel suo complesso un gergo per quanto possibile arduo e dall’apparenza assai erudita. Con tutto ciò pero essi non dicono nulla: da loro non si riceve alcun pensiero, non ci si sente accresciuta la propria visione del mondo, e si deve sospirare: «Odo il ruotare del mulino, ma non vedo la farina». O per meglio dire, si vede anche troppo chiaramente quali povere, comuni, piatte e rozze idee siano nascoste dietro tale gonfia ampollosità.

A. Schopenhauer, L’arte di insultare, Adelphi

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nugae

la lotta con il destino

È un concetto ridicolo, se non altro perché implica la lotta con un avversario invisibile, un guerriero dal manto fatato contro il quale ogni colpo andrebbe a vuoto e nelle braccia del quale ci si butta proprio quando si vuole evitarlo, come è successo a Laio e a Edipo. A ciò si aggiunga il fatto che il destino è onnipotente, perciò combattere con esso sarebbe la più ridicola di tutte le presunzioni.

A. Schopenhauer, L’arte di insultare, Adelphi