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sociologia

il disincantamento del mondo

Rendiamoci conto, in primo luogo, di ciò che propriamente significa, dal punto di vista pratico, questa razionalizzazione intellettualistica a opera della scienza e della tecnica orientata scientificamente. Vuole forse significare che oggi noi altri, per esempio ogni persona presente in questa sala, abbiamo una conoscenza delle condizioni di vita nelle quali esistiamo maggiore di quella di un Indiano o di un Ottentotto? Ben difficilmente. Chiunque di noi viaggi in tram non ha la minima idea – a meno che non sia un fisico di professione – di come esso fa a mettersi in movimento; e neppure ha bisogno di saperlo. […] La crescente intellettualizzazione e razionalizzazione non significa dunque una crescente conoscenza generale delle condizioni di vita alle quali si sottostà. Essa significa qualcosa di diverso: la coscienza o la fede che, se soltanto si volesse, si potrebbe in ogni momento venirne a conoscenza, cioè che non sono in gioco, in linea di principio, delle forze misteriose e imprevedibili, ma che si può invece – in linea di principio – dominare tutte le cose mediante un calcolo razionale. Ma ciò significa il disincantamento del mondo [Entzauberung der Welt]. Non occorre piú ricorrere a mezzi magici per dominare gli spiriti o per ingraziarseli, come fa il selvaggio per il quale esistono potenze del genere. A ciò sopperiscono i mezzi tecnici e il calcolo razionale. Soprattutto questo è il significato dell’intellettualizzazione in quanto tale.

Max Weber, Wissenschaft als Beruf, 1919

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politica sociologia

stato e politica

Si può definire sociologicamente lo stato moderno […] in base a uno specifico mezzo che appartiene a esso cosí come a ogni altro gruppo politico: l’uso della forza fisica. «Ogni stato è fondato sulla forza», disse a suo tempo Trockij a Brest-Litowsk. E in effetti è proprio cosí. Se vi fossero soltanto formazioni sociali in cui l’uso della forza come mezzo fosse ignoto, allora il concetto di «stato» sarebbe scomparso e a esso sarebbe subentrato ciò che, in questo senso specifico della parola, si potrebbe definire come «anarchia». Naturalmente l’uso della forza non costituisce il mezzo normale e nemmeno l’unico di cui disponga lo stato – su questo non vi sono dubbi. Esso rappresenta piuttosto il suo mezzo specifico.

[…]

Lo Stato è quella comunità di uomini che, all’interno di un determinato territorio – un elemento, questo del territorio, che è tra le sue componenti caratteristiche –, pretende per sé (con successo) il monopolio dell’uso legittimo della forza fisica. Questo, infatti, è il dato specifico dell’epoca presente: che a tutti gli altri gruppi sociali o alle singole persone si attribuisce il diritto all’uso della forza fisica soltanto nella misura in cui sia lo stato stesso a concederlo per parte sua: esso rappresenta la fonte esclusiva del «diritto» all’uso della forza

«Politica» per noi significherà aspirazione a partecipare al potere o a esercitare una qualche influenza sulla distribuzione del potere, sia tra gli stati sia, all’interno di uno stato, tra i gruppi di uomini che esso comprende entro i suoi confini.

Lo spirito di parte, la lotta, la passione – ira et studium – sono l’elemento dell’uomo politico.

Max Weber, Politik als Beruf, 1919

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sociologia

la società post-panottica

Tutto sembra puntare nella stessa direzione: il modello di dominio, la filosofia e i precetti pragmatici di gestione, i veicoli di controllo sociale e lo stesso concetto di potere, inteso come modo per manipolare le probabilità accrescendo l’eventualità di comportamenti auspicati e riducendo al minimo quelle contrarie. Tutta l’attenzione si sposta dall’imposizione alla tentazione e seduzione, dalla regolazione normativa alle Pr, dalla polizia alla creazione del desiderio; e tutto concorre a trasferire il ruolo di protagonisti (ai quali spetta raggiungere i risultati auspicati e graditi) dai capi ai subordinati, dai controllori ai controllati, dagli ispettori agli ispezionati: in breve, dai gestori ai gestiti.

[…]

Qualsiasi aspetto «personale», non contemplato cioè dallo statuto dell’organizzazione, doveva sparire al momento di arrivare sul posto di lavoro e poteva essere recuperato solo a fine giornata, dopo il cosiddetto «orario di ufficio». Oggi che i manager (nel ruolo di team leader e comandanti di unità speciali) hanno trasferito sulle spalle dei singoli attori il centro di gravità, l’onere della prova e la responsabilità del risultato o li hanno «subappaltati», «esternalizzati», «scorporati» o affidati a terzi, in base a un modello cliente-fornitore, anziché capo-subalterno, lo scopo è mettere al servizio dei fini aziendali tutta la personalità dei subalterni e tutto il loro tempo di veglia. […] Blanditi dal consumismo e spaventati dalla nuova libertà dei capi di sparire nel nulla insieme ai posti di lavoro, i subalterni sono talmente addestrati a svolgere il ruolo di sorveglianti di se stessi da rendere superflue le torrette di osservazione dello schema di Bentham e Foucault.

[…]

Per dirla in termini semplici, il «Ban-opticon» di Bigo si riferisce all’uso di tecnologie di profilazione per individuare coloro che devono essere sottoposti a sorveglianza specifica [gruppi marginali in quanto tali, potenziali migranti, sospettati di «terrorismo» e altri gruppi sottoposti ai recenti regimi di «sicurezza»]. Ma un concetto analogo emerge anche da una più vasta analisi teorica sui modi in cui le attività sempre più coordinate a livello internazionale dei «gestori del disagio» – come polizia, funzionari di frontiera e compagnie aeree – creino una nuova «(in)sicurezza globalizzata». Ormai le burocrazie transnazionali della sorveglianza e del controllo, sia imprenditoriali che politiche, agiscono a distanza per monitorizzare e controllare, attraverso la sorveglianza, i movimenti demografici. Tutti questi discorsi, prassi, architetture fisiche e regole, nel loro insieme, creano un apparato completo e connesso che Foucault chiamava dispositif. Il risultato non è un Panopticon globale, ma un «Ban-opticon» in cui si fondono l’idea di «messa al bando», che Jean-Luc Nancy riprende da Agamben, e l’«opticon» di Foucault. È questo dispositif a definire chi è gradito e chi non lo è, creando categorie di esclusi che non vengono banditi da un determinato Stato-nazione, ma da un cluster amorfo e non unificato di poteri globali. […] La funzione strategica del diagramma del Ban-opticon è quella di definire il profilo di una minoranza «sgradita». Le sue tre caratteristiche sono: poteri eccezionali nell’ambito di società liberali (stati di emergenza che si trasformano in routine), profilazione (volta a escludere alcuni gruppi e categorie di persone, preventivamente selezionati sulla base di potenziali comportamenti futuri) e normalizzazione dei gruppi non esclusi (sulla fiducia nella libertà di movimento di merci, capitali, informazioni e persone). […] Il principale scopo del Ban-opticon è accertarsi che i rifiuti vengano separati dai prodotti come si deve e destinati al trasporto in una discarica. E una volta che sono arrivati fin lì, ci penserà il Panopticon a farceli restare: preferibilmente, fin quando il processo di biodegradazione avrà fatto il suo corso.

Zygmund Bauman e David Lyon, Sesto potere. La sorveglianza nella modernità liquida, 2013

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sociologia

mercificazione del sé

Le ragazze e i ragazzi che mettono in mostra avidamente ed entusiasticamente le proprie qualità sperando di attirare l’attenzione e possibilmente di ottenere il riconoscimento e l’approvazione necessari per non essere esclusi dal gioco della socializzazione; i potenziali clienti che solo spendendo di più e ampliando i propri massimali di credito possono guadagnarsi un servizio migliore […] sono allettate, spronate o costrette a pubblicizzare una merce attraente e desiderabile facendo qualunque cosa, con ogni mezzo a disposizione, per accrescere il valore di mercato dei prodotti che vendono. E la merce che sono incitate a mettere sul mercato, a pubblicizzare e a vendere sono proprio loro stessi.

Essi sono promotori di merci, e al tempo stesso le merci che promuovono. Sono la mercanzia e il suo agente commerciale, il prodotto e il suo commesso viaggiatore. […] Indipendentemente dalla voce in cui gli archivisti governativi o gli autori di inchieste giornalistiche classificano le loro preoccupazioni, l’attività cui si dedicano – per scelta, necessità o entrambe, come accade quasi sempre – è il marketing. La prova che devono superare per poter aspirare al riconoscimento sociale cui ambiscono li costringe a trasformarsi in merci, in prodotti capaci di suscitare attenzione e di attrarre domanda e clienti.

[…]

Chi fa parte della società dei consumatori è a sua volta un prodotto di consumo, ed è proprio questa caratteristica a renderlo membro genuino di tale società.

Zygmund Bauman e David Lyon, Sesto potere. La sorveglianza nella modernità liquida, 2013